Leggevo il
delirante articolo apparso sul sito del MOS (movimento omosessuale sardo)
riguardante la civile manifestazione delle sentinelle in piedi avvenuta, come
già sapete, domenica 5 ottobre. Non mi soffermo neanche un attimo sulla faziosa
descrizione che il movimento gay (a
proposito, il termine gay non è sinonimo di
omosessuale. La parola
omosessualità indica una tendenza o inclinazione sessuale, il termine gay
indica una identità socio – politica. Non tutte le persone con inclinazione
omosessuale si identificano nello stile di vita gay) sardo fa dell’evento. Mi
colpiva però la chiosa finale in cui sostanzialmente si accusano le famiglie
eterosessuali che non promuovono la teoria del gender, di creare problemi allo
sviluppo psicofisico dei loro figli fino a determinare così la possibilità per i i bimbi di essere “sottratti
alla loro diseducazione (parole veramente incredibili!!!), perché senza persone
come le sentinelle, le famiglie gay vivrebbero felicissime”.
Il MOS rispolvera
un vecchio slogan del mondo gay, il concetto di omofobia sociale. Insomma, i
gay stanno male per colpa della società e non per la profonda ferita che si
portano dentro. È noto che le persone con tendenze omosessuali sono più
frequentemente soggette a depressione, disturbo d’ansia generalizzato, disturbi
del comportamento, dipendenza dalla nicotina, abuso o dipendenza da altre
sostanze rispetto agli eterosessuali; inoltre hanno più frequentemente episodi
suicidari. Secondo gli attivisti gay questa sofferenza non sarebbe causata dai
problemi emotivi che hanno come esito la tendenza omosessuale, ma... dalla “società
omofoba”, ossia costruita sul modello eterosessuale.
Proviamo a fare
chiarezza:
L’omosessualità ha
le sue radici in un problema dell’identità di genere. Questo non significa che
(nella quasi totalità dei casi) gli uomini con tendenze omosessuali pensino di
essere donne. Significa invece che, ad esempio, gli uomini con tendenze
omosessuali pensano di non essere all’altezza
degli altri uomini, di non poter
soddisfare le richieste che vengono fatte ad un uomo, di essere sprovvisti di
quel pacchetto di virilità che in realtà ogni uomo deve faticosamente costruire.
Da dove deriva
questa sensazione di scarsa virilità? Le cause possono essere tante quante le
persone con tendenze omosessuali, e non è possibile, ne giusto, generalizzare.
Si può però affermare che, in genere, l’omosessualità è il sintomo di bisogni affettivi
non soddisfatti durante l’infanzia o la prima adolescenza, quando cioè
si forma l’identità di genere. Se, nel corso dello sviluppo, il bambino non
incontra, per vari motivi, lo sguardo del genitore del proprio sesso, che lo
accoglie tra i propri simili e gli permette di capire che è bello appartenere
al proprio sesso, e che lui è perfettamente in grado di farlo, ecco che gli
individui del proprio sesso resteranno sempre fonte di timore (di essere
rifiutato, di non essere accolto) e di desiderio. E’ evidente, quindi, che
l’omosessualità ha a che fare più con l’emotività
e l’affettività che con la sessualità.
L’omosessualità è dunque un sintomo; si potrebbe
correttamente definire anche una ferita, poiché costituisce una lesione della
propria identità di genere.
Secondo Adler, “l’omosessualità
si manifesta come un tentativo di compensazione fallito in soggetti portatori
di un evidente complesso d’inferiorità”.
Un autore che ha
dato un notevole contributo agli studi sull’omosessualità è stato lo psichiatra
psicoanalista Irving Bieber. Egli focalizzò la sua attenzione sulla frequenza
con la quale, nelle storie familiari delle persone con tendenze omosessuali era
presente un certo schema relazionale tra la persona e i genitori.
Bieber chiamò
questo schema “la classica triade relazionale”, caratterizzata da “un’intimità
vischiosa materna e dal distacco/ostilità paterno”.
Bieber era convinto
che l’omosessualità potesse avere diversi fattori predisponenti, ma che l’unico
fattore causale fosse la presenza della “classica triade relazionale”. Questo
schema relazionale è stato ripreso e approfondito da altri terapeuti, tra cui
Joseph Nicolosi, che descrive la “classica triade relazionale” in questi
termini:
• madre
emotivamente dominante;
• padre tranquillo,
estraneo, assente oppure ostile;
• bambino dal
temperamento timido, introverso, sensibile e artistico.
Nicolosi descrive
la relazione tra madre e padre come caratterizzata da scarsa comunicazione;
quella tra madre e bambino come una relazione “speciale”; quella tra il padre e
il bambino come antagonistica, senza però un confronto leale.
Secondo Nicolosi,
in tutta la letteratura psicoanalitica l’omosessualità è motivata come un
tentativo di “riparare”, di
rimediare a una carenza dell’identità
maschile. Cosa significa? Abbiamo definito l’omosessualità come il sintomo
di bisogni affettivi non soddisfatti durante l’infanzia o la prima adolescenza.
Con la ricerca di un abbraccio maschile, la persona con tendenza omosessuale
cercherebbe l’affetto, la protezione e il riconoscimento da parte delle figure
di riferimento maschili che le sono mancate durante l’infanzia e la prima adolescenza.
Purtroppo, tuttavia, questo tentativo “riparatore”
è destinato al fallimento: l’irrealistica
idolatria nei confronti di chi è individuato come dispensatore di virilità,
affetto e protezione, conduce inevitabilmente alla delusione e, quindi, all’ennesima ferita. La relazione tra due persone con tendenze
omosessuali è l’incontro di due persone che cercano nell’altro il modo di
colmare il loro identico vuoto affettivo. La loro non potrà mai essere una
relazione complementare, ma soltanto simmetrica, nella quale ognuno cercherà di
colmare il proprio deficit “risucchiando” dall’altro le caratteristiche che
sente mancanti in sé. (Da
ABC per capire l’omosessualità).
E’ chiaro allora perché
esiste una mobilitazione affinché non vengano accolti nel nostro ordinamento
matrimonio omosessuale, stepchild adoption, adozioni alle coppie omosessuali,
utero in affitto. Credo profondamente che non sia la presunta “omofobia
sociale” la causa della sofferenza di tanti omosessuali, e la richiesta di
equiparazione al mondo eterosessuale tramite normative che estendono presunti
“diritti” non renderanno mai uguale ciò
che è profondamente diverso.
L’omosessualità è
sintomo di una ferita. E ogni ferita provoca dolore.
Proviamo a
discutere su come sanare questa ferita?