giovedì 16 ottobre 2014

PADRI, ABBRACCIATE I VOSTRI FIGLI, OPPURE UN ALTRO UOMO LO FARÀ AL VOSTRO POSTO. (J. Nicolosi)



Leggevo il delirante articolo apparso sul sito del MOS (movimento omosessuale sardo) riguardante la civile manifestazione delle sentinelle in piedi avvenuta, come già sapete, domenica 5 ottobre. Non mi soffermo neanche un attimo sulla faziosa descrizione che il movimento gay (a proposito, il termine gay non è sinonimo di  omosessuale. La parola omosessualità indica una tendenza o inclinazione sessuale, il termine gay indica una identità socio – politica. Non tutte le persone con inclinazione omosessuale si identificano nello stile di vita gay) sardo fa dell’evento. Mi colpiva però la chiosa finale in cui sostanzialmente si accusano le famiglie eterosessuali che non promuovono la teoria del gender, di creare problemi allo sviluppo psicofisico dei loro figli fino a determinare così  la possibilità per i i bimbi di essere “sottratti alla loro diseducazione (parole veramente incredibili!!!), perché senza persone come le sentinelle, le famiglie gay vivrebbero felicissime”.
Il MOS rispolvera un vecchio slogan del mondo gay, il concetto di omofobia sociale. Insomma, i gay stanno male per colpa della società e non per la profonda ferita che si portano dentro. È noto che le persone con tendenze omosessuali sono più frequentemente soggette a depressione, disturbo d’ansia generalizzato, disturbi del comportamento, dipendenza dalla nicotina, abuso o dipendenza da altre sostanze rispetto agli eterosessuali; inoltre hanno più frequentemente episodi suicidari. Secondo gli attivisti gay questa sofferenza non sarebbe causata dai problemi emotivi che hanno come esito la tendenza omosessuale, ma... dalla “società omofoba”, ossia costruita sul modello eterosessuale.

Proviamo a fare chiarezza:

L’omosessualità ha le sue radici in un problema dell’identità di genere. Questo non significa che (nella quasi totalità dei casi) gli uomini con tendenze omosessuali pensino di essere donne. Significa invece che, ad esempio, gli uomini con tendenze omosessuali pensano di non essere all’altezza degli altri uomini, di non poter soddisfare le richieste che vengono fatte ad un uomo, di essere sprovvisti di quel pacchetto di virilità che in realtà ogni uomo deve faticosamente costruire.

Da dove deriva questa sensazione di scarsa virilità? Le cause possono essere tante quante le persone con tendenze omosessuali, e non è possibile, ne giusto, generalizzare. Si può però affermare che, in genere, l’omosessualità è il sintomo di bisogni affettivi non soddisfatti durante l’infanzia o la prima adolescenza, quando cioè si forma l’identità di genere. Se, nel corso dello sviluppo, il bambino non incontra, per vari motivi, lo sguardo del genitore del proprio sesso, che lo accoglie tra i propri simili e gli permette di capire che è bello appartenere al proprio sesso, e che lui è perfettamente in grado di farlo, ecco che gli individui del proprio sesso resteranno sempre fonte di timore (di essere rifiutato, di non essere accolto) e di desiderio. E’ evidente, quindi, che l’omosessualità ha a che fare più con l’emotività e l’affettività che con la sessualità.

L’omosessualità è dunque un sintomo; si potrebbe correttamente definire anche una ferita, poiché costituisce una lesione della propria identità di genere.
Secondo Adler, “l’omosessualità si manifesta come un tentativo di compensazione fallito in soggetti portatori di un evidente complesso d’inferiorità”.
Un autore che ha dato un notevole contributo agli studi sull’omosessualità è stato lo psichiatra psicoanalista Irving Bieber. Egli focalizzò la sua attenzione sulla frequenza con la quale, nelle storie familiari delle persone con tendenze omosessuali era presente un certo schema relazionale tra la persona e i genitori.
Bieber chiamò questo schema “la classica triade relazionale”, caratterizzata da “un’intimità vischiosa materna e dal distacco/ostilità paterno”.
Bieber era convinto che l’omosessualità potesse avere diversi fattori predisponenti, ma che l’unico fattore causale fosse la presenza della “classica triade relazionale”. Questo schema relazionale è stato ripreso e approfondito da altri terapeuti, tra cui Joseph Nicolosi, che descrive la “classica triade relazionale” in questi termini:
• madre emotivamente dominante;
• padre tranquillo, estraneo, assente oppure ostile;
• bambino dal temperamento timido, introverso, sensibile e artistico.
Nicolosi descrive la relazione tra madre e padre come caratterizzata da scarsa comunicazione; quella tra madre e bambino come una relazione “speciale”; quella tra il padre e il bambino come antagonistica, senza però un confronto leale.
Secondo Nicolosi, in tutta la letteratura psicoanalitica l’omosessualità è motivata come un tentativo di “riparare”, di rimediare a una carenza dell’identità maschile. Cosa significa? Abbiamo definito l’omosessualità come il sintomo di bisogni affettivi non soddisfatti durante l’infanzia o la prima adolescenza. Con la ricerca di un abbraccio maschile, la persona con tendenza omosessuale cercherebbe l’affetto, la protezione e il riconoscimento da parte delle figure di riferimento maschili che le sono mancate durante l’infanzia e la prima adolescenza. Purtroppo, tuttavia, questo tentativo “riparatore”  è destinato al fallimento: l’irrealistica idolatria nei confronti di chi è individuato come dispensatore di virilità, affetto e protezione, conduce inevitabilmente alla delusione e, quindi, all’ennesima ferita.  La relazione tra due persone con tendenze omosessuali è l’incontro di due persone che cercano nell’altro il modo di colmare il loro identico vuoto affettivo. La loro non potrà mai essere una relazione complementare, ma soltanto simmetrica, nella quale ognuno cercherà di colmare il proprio deficit “risucchiando” dall’altro le caratteristiche che sente mancanti in sé. (Da ABC per capire l’omosessualità).
E’ chiaro allora perché esiste una mobilitazione affinché non vengano accolti nel nostro ordinamento matrimonio omosessuale, stepchild adoption, adozioni alle coppie omosessuali, utero in affitto. Credo profondamente che non sia la presunta “omofobia sociale” la causa della sofferenza di tanti omosessuali, e la richiesta di equiparazione al mondo eterosessuale tramite normative che estendono presunti “diritti”   non renderanno mai uguale ciò che è profondamente diverso.
L’omosessualità è sintomo di una ferita. E ogni ferita provoca dolore.
Proviamo a discutere su come sanare questa ferita?

martedì 7 ottobre 2014

Sentinelle in… pericolo. Insieme alla libertà



Domenica 5 ottobre  2014 si è svolta tra il silenzio assordante dei media la veglia nazionale delle Sentinelle in piedi, associazione aconfessionale e apartitica che manifesta contro l’approvazione della legge antiomofobia. Ma
perché questi cittadini manifestano contro una proposta di legge che apparentemente sembrerebbe civile e democratica? Perché si dovrebbe manifestare contro il diritto di una minoranza? E comunque perché questi cittadini mentre esercitavano un diritto previsto dalla Costituzione sono invece stati fatti oggetto di violenze e soprusi da parte di attivisti gay.

Per comprendere cosa dice il ddl Scalfarotto (ddl antiomofobia) è necessario intendersi sul termine omofobia.
Se una persona non condivide l’ideologia gay rischia di essere additata come “omofoba”. Il termine “fobia” indica una paura intensa, esagerata, per situazioni, oggetti o azioni che il soggetto prova nonostante spesso non ne capisca la ragione. Il fobico, posto a contatto con lo stimolo specifico temuto, presenta in genere vere e proprie crisi d’ansia più o meno intense e paralizzanti. Esempi di fobia sono per esempio la claustrofobia (paura per gli spazi chiusi o senza finestre) o l’aracnofobia (paura dei ragni). Appare decisamente fuori luogo — è evidente — etichettare chi non condivide l’ideologia gay come “omofobo”. Gli stessi manuali diagnostici non elencano tra le fobie la presunta “omofobia”; e recenti ricerche (Olatunji e al tri, 2004) escludono che essa possa essere definita tale. Ciò che viene chiamato “omofobia”, infatti, non è una malattia, ma un atteggiamento di non condivisione nei confronti dell’ideologia gay e di non approvazione nei confronti del l’omosessualità (che non significa odio o di sprezzo nei confronti delle persone con tendenze omosessuali).Perché la scelta del termine “omo-fobia”? Si tratta di un tentativo intimidatorio, del tipo: «Se vuoi essere considerato una persona ragionevole — e non un malato, un fobico — de vi condividere gli obiettivi del movimento gay». L’intimidazione, tuttavia, si sta trasformando sempre più in una minaccia: il movimento gay preme perché vengano approvate al più presto (e in alcuni paesi sono già state approvate) leggi che puniscono gli atteggiamenti definiti “omofobi”. L’omofobia, non accontentandosi di essere una inesistente malattia, diventa in tal modo un “crimine”, mentre gli “omofobi” (chi, cioè, non condivide il matrimonio gay, le adozioni gay, i rapporti omosessuali, eccetera) devono aspettarsi la pubblica riprovazione e, se insistono nel ribadire la loro posizione, una citazione in giudizio. L’utilizzo del concetto da parte degli attivisti gay non si ferma qui. È noto che le persone con tendenze omosessuali sono più frequentemente soggette a depressione, disturbo d’ansia generalizzato, disturbi del comporta mento, dipendenza dalla nicotina, abuso o dipendenza da altre sostanze rispetto agli eterosessuali; inoltre hanno più frequente mente episodi suicidari. Secondo gli attivisti gay questa sofferenza non sarebbe causata dai problemi emotivi che hanno come esito la tendenza omosessuale, ma... dalla “società omofoba”, ossia costruita sul modello eterosessuale. (da ABC per capire l’omosessualità).
Il ddl Scalfarotto considera l’omofobia nel senso indicato dalle associazioni gay. Ecco perché è una legge liberticida. Mira, infatti, in maniera non troppo velata a favorire un atteggiamento di condivisione nei confronti dell’ideologia gay. Ma un’ideologia non deve essere inculcata per legge. Massimo rispetto per le persone omosessuali ma forte avversione a un’ideologia (l’ideologia del Gender) che mina alle radici la verità dell’identità ontologica dell’essere umano.

Chiarito quindi che va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano fatte oggetto di espressioni malevoli e di azioni violente, (CDF. Cura pastorale delle persone omosessuali n. 10) resta però la libertà del cittadino, di ogni cittadino a liberamente manifestare come garantito dalla Costituzione Repubblicana. Anche contro presunti diritti di altri? Certo. Perché no? Qualcuno lo vieta?
Ricordo che è lecito in democrazia, mobilitarsi per "privare altri di diritti". Facciamo alcuni esempi. Se l'imprenditore dovesse lottare per privare i lavoratori dei diritti derivanti dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori non farebbe altro che promuovere una società più vicina al suo modo di vivere. Ma anche quando i lavoratori lottano per estendere ai lavoratori che non possono goderne, tutti i diritti derivanti dal citato articolo fanno lo stesso. O quando la sinistra italiana qualche anno fa lottava per privare i cittadini italiani residenti all'estero del diritto di  voto alle elezioni politiche non lottava per privare altri di "diritti"? O se domani l'Islam chiedesse in Italia la poligamia (già recentemente rivendicata anche dai poliamoristi al gay pride) non ci ritroveremo a lottare contro il riconoscimento di  diritti che qualcuno rivendica come civili e qualcun altro una barbarie?

Ancora una domanda. Ma voi attivisti gay, signori arcobaleno e simili, non eravate pacifisti? Non eravate contro la violenza? Non eravate contro le prepotenze, contro le arroganze, a favore di ogni libertà?

O forse le Sentinelle in piedi vanno fermate perché hanno colto nel segno. Forse non siete quello che sbandierate ed è bastata una silenziosa, democratica, pacifista, colorata, intelligente, orgogliosa, veglia di sentinelle in piedi per dimostrare che le famiglie e i cittadini italiani devono alzarsi in piedi e protestare con veemenza contro una legge liberticida, contro la teoria del Gender, contro il matrimonio e le adozioni alle coppie gay, contro l’utero in affitto. Perché i diritti non sono capricci, i bimbi non si comprano, si generano con amore, e i più deboli (i bambini in questo caso) vanno difesi. Sempre.

Perché è meglio morire vegliando in piedi  che vivere zittiti e in ginocchio.

domenica 5 ottobre 2014

Brevi pensieri, sempre brevi pensieri

Oggi pensavo insieme ad Aristotele di come “E’ da pazzi chiedersi le ragioni di ciò che l’evidenza dimostra come fatto”. (Aristotele).

Eppure viviamo in un mondo in cui il relativo sembra essere l'unico assoluto. Voglio scrivere in questo blog per "dire la mia" ogni volta che sarà violentata l'evidenza dei fatti e qualcuno ne chiederà ragione.

Usando brevi pensieri.